La lingua italiana è una meraviglia di sfumature e possibilità espressive, e gran parte di questa potenziale ricchezza risiede nell’uso sapiente degli aggettivi e degli avverbi. Tuttavia, il loro saggio utilizzo richiede equilibrio e discernimento, il tutto incardinato in una visione d’insieme di quello che si vuole scrivere. Non è una questione di secondaria importanza, perché aggettivi e avverbi possono trasformare una prosa grigia in una tavolozza di colori, ma solo se gestiti con cura e consapevolezza, altrimenti possono renderla pesante, artificiosa e troppo involuta:
Grazie alla libertà concessa dall’italiano, la scelta della collocazione dell’aggettivo è anche una questione di orecchio, di fluidità espressiva, di ritmo, e dunque di stile.
Massimo Birattari
Innanzitutto, diamo un’occhiata agli aggettivi, quei piccoli gioielli che impreziosiscono e dettagliano la scrittura. La posizione di un aggettivo accanto al nome non è un qualcosa di casuale, segue delle regole di logica e significato che, però, gli autori tendono a seguire in modo istintivo, il che non è sbagliato, però è bene sapere che l’aggettivo qualificativo dovrebbe seguire il nome a cui fa riferimento nel caso in cui esprima un valore distintivo e trasmetta un’informazione necessaria a qualificarlo in modo decisivo; necessaria vuol dire che togliendolo il significato della frase potrebbe essere pregiudicato. Di contro, l’aggettivo dovrebbe precedere il nome qualora abbia un valore puramente descrittivo, ovvero non fornisca un’informazione indispensabile alla comprensione. Inoltre, benché la lingua scritta possa essere più articolata e stilisticamente ricercata rispetto al parlato, mantenere l’ordine del “parlato” può aiutare il lettore a sentirsi più a suo agio nella lettura:
Un aggettivo ben scelto può trasformare un sostantivo comune in un richiamo letterario, ma quando vengono accumulati senza criterio, il risultato è una prosa soffocante, piena di dettagli superflui.
Immaginiamo di descrivere un paesaggio montano: “Le montagne maestose si ergono imponenti, coperte da una coltre bianca di neve splendente, mentre il sole dorato inizia a tingersi di rosa nell’orizzonte lontano.” A parte il fatto che si tratta di una descrizione piuttosto banale, comunque nell’insieme ogni aggettivo aggiunge un tocco di vivacità e bellezza alla descrizione, ma appesantisce anche il tutto, perché non c’è particolare cura nella scelta.
Proviamo con “Le ruvide montagne si ergono assolute, coperte da una coltre scintillante di candida neve, mentre il sole inizia a rosseggiare nell’orizzonte lontano”, basta cioé lavorare sugli aggettivi per elevare il livello del testo, rendendolo più particolare e significativo, evitando informazioni inutili: il lettore sa che il sole è dorato, è più interessante capire che momento del giorno è.
Infine, se iniziamo ad accumulare aggettivi rischiamo di ottenere una frase come: “Le alte, maestose, spettacolari, innevate, splendenti montagne si ergono imponenti.” La frase, seppur ricca di dettagli, perde la sua forza e diventa ridondante.
Stephen King in On Writing avverte: “L’avverbio non è vostro amico.”
La sua è una straordinaria definizione dello scopo degli avverbi:
Gli avverbi, come la forma passiva, devono essere un’invenzione dello scrittore timido. Usando la forma passiva, lo scrittore esprime normalmente la paura di non essere preso sul serio; […] Con gli avverbi lo scrittore ci dice che ha paura di non essere abbastanza chiaro, di non trasmettere nel modo migliore il concetto o l’immagine.
Gli avverbi sono ottimi per segnare ritmo e intensità alle azioni dei personaggi, perché, appunto, sono modificatori dei verbi, ma piuttosto che usarli male, riempiendo il testo di naturalmente, ovviamente, lentamente, grandemente, velocemente… è meglio non usarli affatto. Un avverbio ben piazzato può conferire un senso di dinamismo e precisione al testo, ma un eccesso di avverbi può appesantire la scrittura e renderla gonfia o troppo lamentosa. Pensiamo a una frase come: “Camminava rapidamente lungo la strada deserta,” in cui quel “rapidamente”, pur non essendo indispensabile, aggiunge un tocco di urgenza e movimento alla scena. Tuttavia, se decidiamo di intensificare l’azione con: “Camminava velocemente e nervosamente lungo la strada deserta,” avremo ottenuto un effetto ridondante ricorrendo al superfluo, diluendo così l’effetto desiderato. A questo punto è molto meglio scegliere il verbo più adatto: “Marciava rapido lungo la strada deserta.”
Usare aggettivi e avverbi richiede una mano sicura e consapevole, il che vuol dire che, piuttosto che affidarsi a un eccesso di questi elementi, è importante scegliere le parole e i verbi con attenzione, cercando di comunicare in modo chiaro ed efficace senza appesantire il testo con dei modificatori. Il principio è che se abbiamo bisogno di modificare parole e verbi con troppi aggettivi e avverbi, probabilmente abbiamo operato scelte scialbe. Un consiglio utile è rileggere il proprio lavoro con occhi critici, cercando di individuare eventuali ridondanze o eccessi di dettagli.
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