La grammatica italiana indica in modo chiaro quali sono i casi in cui andrebbe usato il congiuntivo:
Malgrado fosse poco simpatica, Anna non poteva fare a meno dei suoi consigli.
Ovunque io vada, lei è con me.
“È necessario che George ci dica la verità” disse Amanda.
Desiderava che lei fosse sua per sempre.
La scelta di un tempo verbale non è legata solo alla raffinatezza del testo, ma anche al valore comunicativo, per questo riguarda le circostanze della comunicazione. Il congiuntivo non è il segno linguistico della classe aristocratica, e non va usato per elevare il testo a livelli comunicativi superiori, quanto piuttosto per utilizzare una poderosa «possibilità espressiva» (Elisabetta Perini, 2011). Quando diciamo “Penso che tu abbia ragione” ci addentriamo in una sfumatura di significato: “Penso che tu abbia ragione, ovvero è molto probabile che sia così, però io non riesco ancora ad ammetterlo del tutto”. A livello narrativo è molto importante gestire queste sfumature comunicative.
“Pare che il colpevole abbia chiesto di poter incontrare un avvocato”: ma non c’è la certezza.
“Hanno detto che il colpevole ha chiesto di poter incontrare un avvocato”: la notizia è certa.
Reggono il congiuntivo i verbi che esprimono “una volizione (ordine, preghiera, permesso), un’aspettativa (desiderio, timore, sospetto), un’opinione o una persuasione”, tra cui: accettare, amare, aspettare, assicurarsi, attendere, augurare, chiedere, credere, curarsi, desiderare, disporre, domandare, dubitare (ma all’imperativo negativo può richiedere l’indicativo: “non dubitare che faremo i nostri conti”, C. Collodi, Le avventure di Pinocchio), esigere, fingere, illudersi, immaginare, lasciare, negare, ordinare, permettere, preferire, pregare, pretendere, raccomandare, rallegrarsi, ritenere, sospettare, sperare, supporre, temere, volere (Accademia della Crusca).
Il significato di “congiuntivo” è “che congiunge“, e di fatto viene usato nelle proposizioni subordinate alla principale per unirle grammaticalmente e semanticamente (forma e significato). Il congiuntivo ha il preciso compito di esprimere dubbio, ipotesi, incertezza, possibilità o esortazione. Se ciò che vogliamo esprimere nella nostra frase è dubbio, per esempio, oppure incertezza o anche l’esistenza di una possibilità, dobbiamo usare il congiuntivo.
Nonostante le frequenti dichiarazioni sulla presunta morte del congiuntivo nelle frasi dipendenti nell’italiano contemporaneo, esso è ancora vitale; in alcuni casi, però, per i parlanti è poco economico (nel senso linguistico del termine, ovvero difficile da gestire) e quindi viene sostituito con l’indicativo. Tale regresso si nota, sembrerebbe, soprattutto alla seconda persona singolare del presente: non sono infrequenti frasi come “credo che hai capito”, “non voglio che fai storie” (sarebbe meglio dire, e soprattutto scrivere: che abbia capito, che faccia storie). Si può dunque sottoscrivere la raccomandazione di Altieri Biagi: “se, […] dopo aver studiato il congiuntivo, e sapendolo usare, voi deciderete di «farne a meno», di sostituirlo con altri modi, questa sarà una scelta vostra. Ciò che importa, in lingua, non è scegliere il modo più elegante, più raffinato, ma poter scegliere, adeguando le scelte alle situazioni comunicative” (ALTIERI BIAGI 1987: 770).
A proposito di dubbi:
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