C’è chi vivendo scrive. È il caso di Maria Rita Concilio, autrice del romanzo di formazione e sentimento Mi hai trovata tu, edito con YouCanPrint (agosto 2022). Da sempre, almeno da quando ne ha memoria, Maria Rita Concilio ha sentito il bisogno di scrivere e di interpretare il mondo attraverso segni scritti, anche poetici. È un qualcosa che accomuna molti scrittori e che può essere condiviso proprio mediante la pubblicazione. Ecco la nostra intervista all’autrice.
Iniziamo con una domanda personale: quando e perché hai deciso che la scrittura sarebbe stata parte della tua vita?
Non credo di averlo deciso, in realtà, come tutte le cose belle della mia vita, è capitato e basta. Quando avevo sei, sette anni, mio padre mi ha regalato una di quelle agende che gli portavano in ufficio i fornitori a inizio gennaio per farsi pubblicità. Lui me l’aveva data pensando che ci avrei fatto degli scarabocchi sopra, invece, io cominciai a scriverci poesie in rima, pensieri sparsi, appunti e note di ogni genere. Ogni anno ne iniziavo una nuova. Più crescevo e più scrivere mi aiutava a vincere la mia timidezza, perché tutto quello che non sapevo dire a parole lo appuntavo su di un pezzo di carta. Quelle righe sono diventate la mia voce…
Parliamo della genesi del libro “Mi hai trovata tu”: qual è stata la molla per narrare la storia di Anna, la protagonista? A cosa ti sei ispirata?
Questa storia era dentro di me. La sentivo scorrere, fremeva per uscire dalla mia testa. Ricordo perfettamente la sera in cui ho detto a mio marito di voler iniziare a scrivere questo romanzo. Ho aperto il mio computer e ho cominciato. Ho scritto per due mesi, senza sosta, di notte. Le parole venivano fuori da sole. E poi ho scelto lei, Anna, la protagonista. L’ho disegnata in modo molto vago nel libro, perché volevo che chiunque lo leggesse potesse immedesimarsi in lei, nella sua storia. Questo nome mi è sempre piaciuto, in realtà. È un palindromo (si legge da entrambe le parti allo stesso modo), rappresenta l’inizio e la fine insieme. L’alfa e l’omega, così come ho definito la sua storia.
Il mare, le spiagge, ma anche le isole urbane. Siamo naufraghi in questo mondo?
Più che come naufraghi, ci immagino come passeggeri. Questa vita ci trasporta oltre il tempo e lo spazio, sta a noi cogliere il vero significato dell’esistenza. Cogliere il momento. Le onde del mare che descrivo non sono solo “fisiche” sono, soprattutto, onde emotive. Le passeggiate sulla spiaggia rappresentano il trascorrere di una vita che, a volte, ci affanniamo a voler plasmare secondo i nostri desideri. La città “disumanizzante” è sinonimo di tutto ciò che vuole cambiare il nostro io, per omologarlo a quello degli altri. Sta a noi vivere al meglio questo tempo, costruire relazioni, lasciare un bel ricordo di noi in chi ci ama. Essere felici qui e ora.
Il personaggio di Anna è quello di una donna fragile, ma con il senso del sacrificio. Lavora più di quanto dovrebbe, dà tutta sé stessa fino a consumarsi. Stai parlando di tutte le donne o c’è altro?
Ogni persona ha la sua storia, indipendentemente dal fatto che sia uomo o donna. Nel mio romanzo questo concetto di uguaglianza è molto chiaro. La sofferenza, il disagio, l’inadeguatezza colpiscono chiunque a prescindere dal sesso. Anna è una donna che “nasce fragile” all’inizio del libro, ma poi si trasforma, si evolve, si riscopre, e questo è ciò che accade a ognuno di noi. La sua evoluzione si completa, e la sua storia si risolve quando capisce che si può essere felici “con” un’altra persona e non “grazie” ad essa. Quando sente di bastarsi, Anna si riappropria della sua individualità e capisce di potersi riaprire alla vita, abbandonandosi all’amore che la trova. Parliamo, quindi, di fragilità o di grande forza?
Anna… Le sue sono storie difficili oppure fugaci. Non sveliamo il finale, ovviamente, ma come mai hai deciso di raccontare di relazioni tanto complesse e tormentate?
Il romanzo parla di emozioni e di sentimenti, innanzitutto. Poi, racconta la difficoltà che abbiamo tutti noi ad interrompere una relazione anche quando sappiamo bene che è sbagliata. Parla del distacco mentale (con la storia tra Anna e Alessandro) e fisico (con la storia tra Anna e Carlo) che porta le coppie a scollarsi e gli amori a finire, in modo più o meno traumatico. Queste due storie, difficili e tormentate, come dici tu, sono funzionali al concetto che volevo esprimere: non serve affannarsi a “cercare” l’amore, non ci si dovrebbe sforzare per far funzionare una relazione. È l’amore che ci trova e lo fa nel momento esatto in cui siamo pronti ad accoglierlo nella nostra vita, quando siamo già “un intero” che, da solo, ha un significato e non “una metà” in cerca di ciò che le manca. Quando il momento è giusto, quando la persona è quella giusta, allora quell’Amore è per sempre…
Uno scrittore è sempre in attività: stai già lavorando al prossimo romanzo? Che progetti editoriali hai?
È vero, non riesco a smettere di scrivere (neppure quando non scrivo veramente…) e non riesco a smettere di cercare interlocutori per le mie storie… Ho bisogno che qualcuno le legga e mi legga. Per creare un contatto anche con chi non conosco e trasportarlo, per un breve momento, nel mio mondo. È in uscita la mia seconda raccolta di poesie e sto già lavorando al secondo romanzo. Se stai per chiedermi se è il prosieguo della storia di Anna, la risposta è no…è una storia diversa. Una “storia di famiglia…”