La grafia corretta è perciò. In italiano esistono tante espressioni come per esempio tuttora e tutt’uno che si pronunciano unite pur avendo grafia diversa, ovvero univerbata nel primo caso e con apostrofo nel secondo caso. Insomma, alcune parole, pur essendo unite nella pronuncia, si scrivono con grafia separata, il che crea non pochi problemi nella scrittura. Ci sono anche casi in cui sono ammesse sia la forma grafica separata che quella unita. Ma come si fa allora a utilizzarle sempre nel modo giusto?
I dubbi non vanno stigmatizzati, perché è più che comprensibile che l’oscillazione nella forma grafica possa provocare incertezze, tuttavia la correttezza grafica e ortografica deve essere un obiettivo primario per chi voglia fare dello scrivere un mestiere. La prima regola è certamente quella di avere sempre un dizionario sotto mano, in modo da poter controllare, poiché la forma corretta da usare (ed eventuali alternanze) è registrata e catalogata, il che facilita la vita a chi scrive. Oltretutto ci sono innumerevoli opportunità di consultazione anche online per evitare di cadere in imbarazzanti errori. Bisogna fare attenzione, però, perché se gli errori di univerbazione possono essere compresi, e in parte giustificati, altrettanto non si può dire di errori ortografici che sottendono a problemi anche concettuali:
Difficilmente una scelta linguistica consapevole sarà sbagliata. Nel linguaggio colloquiale (anche per esempio nei dialoghi narrativi di un certo tipo) è possibile usare le forme univervate vabbè e sennò, ma normalmente (e sarebbe meglio) queste vanno scritte con grafia separata in se no e va be’ (con l’apostrofo perché è la forma troncata di bene e non andrebbe, dunque, accentata). In generale le forme indicate come meno comuni si possono usare, seppure compatibilmente con il tipo di storia che stiamo scrivendo e sempre prestando a attenzione a che non siano forme linguisticamente defunte. Ecco di seguito degli elenchi di parole divise in base al tipo di grafia: unita, separata o entrambe.