Nella lettura ad alta voce l’esperienza diventa più oggettiva, ovvero meno soggettiva; il racconto ad alta voce, invece, crea una relazione fra il narratore e l’ascoltatore, puntando alla soggettività. Una storia è un dono di sé che l’autore fa al lettore, che diventa ascoltatore nella lettura ad alta voce. Raccontare ad alta voce vuol dire drammatizzare emotivamente, portare l’ascoltatore nel piacere della lettura, leggere ad alta voce è intrattenimento, ma non necessariamente relazione.
Non tutte le storie sono uguali, alcune sono esclusive, ristrette, calibrate su chi legge o ascolta; altre sono aperte ai più, permeabili, con linguaggio e intrecci che intrattengono più che interpellare chi legge o ascolta. Alcune storie esigono molto di più dal lettore, spesso anche un certo livello culturale o intellettivo, una confidenza con il genere narrativo, con i parametri compositivi, con le tematiche esposte o interposte nella storia. Nelle storie piene di valori, senso e significato il linguaggio è più denso che in quelle che puntano solo a intrattenere. Perfino il modo in cui le parole sono organizzate sulla pagina cambia in base alle intenzioni dell’autore, diciamo “perfino” perché potrebbe non esserci alcuna intenzione in chi scrive, se non quella di offrire qualcosa che intrattiene, ma intrattenere e relazionasi con il lettore non sono la stessa cosa.
La lettura è un metodo conoscitivo, conoscere in questo caso significa sentire, inteso come
percezione di qualcosa, di significati che vanno oltre la stessa scrittura e, soprattutto, conoscere anche se stessi attraverso l’esperienza della lettura. Anche l’autore conosce meglio se stesso attraverso la costruzione della narrazione. La lettura è uno dei processi più complessi che il nostro cervello possa compiere: una parte elabora i suoni associati alle parole e alle immagini; un’altra controlla le informazioni visive (lettere, parole, immagini); una terza e ultima parte del cervello analizza il significato delle parole, delle frasi e dell’intero testo (Chambers, Il lettore infinito, Eqilibri). La lettura è dunque un processo molto più delicato e fragile di quello che si pensa, ha bisogno di educazione e spazio nella vita delle persone. A maggior ragione, un romanzo che punti a comunicare e creare relazioni ha bisogno di essere letto con maggiore cura, dandosi il tempo di entrare nel profondo dei suoi significati. Per tutto il resto, per le semplici passeggiate non impegnative fra le pagine, basta un qualunque romanzo di consumo, di quelli è pieno ormai il mondo e sono sempre questi i libri più esposti, perché più semplici, più domestici, più abbordabili da qualunque lettore.
Lo scopo non è forse il trasporto artistico, la natura interiore ed esteriore dei personaggi (e per riflesso di tutti i soggetti coinvolti nella lettura ovvero l’autore e il lettore), la relazione profonda fra anime e significati? Se scrivere è un compito alto, leggere non è da meno.