“Sono molto interessata alla psicologia e al ruolo della motivazione subconscia e di come governa le nostre vite. Quindi, per quanto riguarda i personaggi principali, sono sempre incuriosito dalla psicologia sottostante”.
Interviste all’autore
2 settembre 2022 -Alice O’Keeffe
The Sanctuary è il secondo thriller di Emma Haughton strutturato in modo da sviluppare una scena narrativa chiusa in spazi più o meno ristretti (locked room thrillers), dopo il suo bestseller per adulti The Dark. Il romanzo si apre su una giovane donna che si sveglia in un ambiente sconosciuto con un mal di testa martellante e un senso di panico crescente. Non ha idea di dove si trovi – una piccola stanza imbiancata con un letto stretto – e l’ultima cosa che ricorda con certezza è una grande serata a New York con gli amici. La vista dalla finestra della sua stanza non rivela altro che chilometri di terra secca e rossa in ogni direzione: «Mi piace entrare in una storia in modo lento, quindi evito di porre subito un cadavere davanti agli occhi dei lettori. Per questo per me era molto importante che il primo capitolo funzionasse da gancio, perché se non c’è subito un cadavere bisogna riuscire a creare un’atmosfera suggestiva e avvincente in altro modo».
L’aggancio è allettante, ma ciò che distingue The Sanctuary è l’ambientazione. Nel romanzo, Zoey scopre di essere stata ricoverata in un lussuoso rifugio terapeutico nel deserto messicano, noto come il Santuario. Ma, a differenza dei suoi compagni di stanza, non è ultra-ricca: al Santuario si accede solo in elicottero e un ciclo di cure di 10 settimane costa 125.000 dollari. Come ha fatto Zoey ad arrivare lì e chi ha pagato il suo soggiorno? Sebbene Zoey non sia esattamente una prigioniera, dopo un primo, fallimentare tentativo di fuga a piedi, scopre che le condizioni del deserto messicano le impediscono di andarsene: «Come nel caso di The Dark [ambientato in una remota stazione di ricerca in Antartide], volevo che la location mettesse alla prova i personaggi, in particolare la protagonista, in modo che non si limitasse ad affrontare il fatto che c’è un assassino, ma che fronteggiasse i pericoli che un deserto può presentare», svela Haughton, «Si tratta di avere il luogo (lo spazio) non come semplice sfondo, ma come elemento attivo della trama».
Come lettrice di gialli, per Haughton è più importante la narrazione autentica che il colpo di scena dell’assassino; ovvero sono importanti l’uso della psicologia, l’attenzione al dettaglio, l’implacabile tensione emotiva. In un crime novel, afferma, la psicologia e il ruolo della motivazione subconscia sono essenziali e centrali: «Quindi, per quanto riguarda i personaggi principali, sono sempre incuriosita dalla psicologia di fondo che li ha portati a essere dove sono. In un certo senso, concepisco la trama come uno specchio per il personaggio principale: lo metterò di fronte alle cose che deve affrontare per andare avanti». Dunque, il suggerimento per produrre una buona narrativa investigativa è di basare gran parte della trama sulla psicologia, sui limiti della natura umana e su come gli individui si comportano quando le cose intorno a loro vanno male. Le motivazioni dell’assassino sono importanti, ma ben più importanti sono quelle dei personaggi che devono affrontare le conseguenze dei crimini.
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