Perché è così difficile vendere libri?

Vendere libri

Vendere libri è diventato complicato perché la crisi coinvolge l’intero sistema culturale, e non è più è possibile giustificare questa situazione solo ricorrendo alla concorrenza di altre forme di intrattenimento, perché il problema è più profondo e attiene alla qualità, alla percezione del libro – che oggi è diventato soltanto un prodotto – e alle priorità sbagliate, anche da parte degli stessi autori, all’evoluzione delle abitudini di consumo, alla superficialità con cui si legge e si scrive.

Scrittori o personaggi?

Oggi, per molti scrittori – emergenti ma anche affermati – conta più il “personaggio” autore che il contenuto del libro. Non è raro vedere autrici e autori che passano più tempo a curare i loro profili social, a costruire una narrativa personale accattivante, che a scrivere libri di qualità. Perché? Ci sono, a mio avviso, due motivi portanti: (1) chi pubblica (con o senza editore) cerca di costruire un’immagine carismatica, affascinante, coinvolgente per aggrondare intorno a sé una comunità di “seguaci” fedele e coinvolta, sperando così di vendere libri; (2) la necessità di apparire, di guadagnare un pezzo di palcoscenico in un sistema sociale in cui è diventato indispensabile “essere visibili”, in pratica è un’esigenza di riconoscimento pubblico, per cui se è il pubblico a riconoscere in noi il “ruolo” di scrittori, allora lo siamo davvero, ed è inutile dire che certe volte lo scrivere non ha davvero a che vedere con questa dinamica di ricerca di visibilità. In un sistema come questo, il successo di un romanzo è misurato da numeri che si aggiornano in continuazione: like, condivisioni, commenti. Ma val la pena ribadire che essere scrittori non vuol dire né vendere milioni di copie né avere molti follower, anzi, quasi sempre gli scrittori autentici sono dei pensatori divergenti, e il loro valore viene scoperto ben lontano dalle dinamiche della visibilità di massa.

Parliamo di dati

Negli ultimi anni, il mercato del libro ha mostrato una schizofrenia evidente. Durante gli obblighi pandemici, con le persone bloccate in casa, si è assistito a un boom nelle vendite, ma non appena il mondo è ripartito, le cifre hanno iniziato a calare di nuovo, dimostrando che quel fenomeno era solo un’illusione temporanea. E ora? Ora il settore fatica, persino i libri scolastici, di per sé quasi un bisogno primario nelle famiglie, registrano perdite, e nel 2023 le vendite di testi adottati sono scese del 3,5%. Ma davvero si vende meno perché c’è l’offerta di altri media di intrattenimento?

Le fiere dell’editoria salvano le vendite?

Le fiere dell’editoria, un tempo fulcro vitale per la promozione e la vendita di libri, stanno attraversando una fase di trasformazione significativa. In pratica, sebbene eventi come il Salone Internazionale del Libro di Torino o la Fiera del Libro di Francoforte continuino ad attrarre centinaia di migliaia di visitatori, il ruolo di queste manifestazioni si sta spostando, da motori di vendita diretta e trampolino di lancio per molti editori e autori, oggi sembrano funzionare più come luoghi di promozione e networking, piuttosto che come effettivi mercati. Ad esempio, al Salone del Libro di Torino, che nel 2023 ha registrato una partecipazione di circa 340.000 visitatori, molti editori hanno notato un calo delle vendite rispetto agli anni precedenti. Allo stesso modo, la Fiera di Francoforte, con oltre 180.000 visitatori nel 2023, è sempre più orientata agli scambi tra professionisti, riducendo lo spazio per il pubblico. Le fiere rimangono rilevanti come eventi culturali, capaci di attirare lettori, autori, editori e appassionati, ma l’offerta di libri è spesso esagerata rispetto alla richiesta e chi gira in questi luoghi è bombardato da copertine, nomi, nuove uscite, e qui veniamo al tasto dolente: sono proposte di qualità?

Un problema di qualità

Negli ultimi anni di lavoro come professionista editoriale ho assistito, con drammatica impotenza, al declino inesorabile della qualità dei libri, sia di narrativa che di saggistica. Dovremmo avere il coraggio di dire, soprattutto da lettori appassionati, che gran parte della narrativa contemporanea non brilla. Molti libri sembrano prodotti in serie, scritti più per soddisfare i gusti momentanei del mercato che per lasciare un’impronta duratura; tanti sono poco curati o superficiali nella trama e nella gestione dei personaggi; altri sono il risultato di un travaso di emozioni da un contenitore mediatico all’altro, e con questo voglio dire che spesso giovani autrici riversano su piattaforme digitali romanzi nati dall’eco emotiva generata dalla visione di serie TV o, che so, dalla lettura di altri romanzi, e ciò le spinge a produrre storie fiume (e, ahimè, ben poco orignali o utili) che vengono pubblicate da editori che fiutano l’affare (chi non riesce a vendere almeno un centinaio di copie ad amici e parenti?). Allora domandiamoci perché un lettore dovrebbe spendere 20 euro per un libro che potrebbe dimenticare il giorno dopo. Questa produzione massiccia, e spesso non qualitativamente accettabile, danneggia non solo gli autori davvero validi, ma anche la percezione generale del libro come oggetto culturale di valore.

Che fare?

Dobbiamo ripensare il nostro rapporto con la lettura e con il mercato editoriale, sapendo che tornare alla qualità significa riscoprire il valore autentico della letteratura, quello che arricchisce l’anima e il pensiero, e smettere di accettare passivamente ciò che ci viene offerto o imposto dalla narrazione dominante, i cui contenuti sono orientati alla vendita o, addirittura, alle idee dominanti. È necessario un cambio di paradigma, che coinvolga tutti: autori, editori e lettori. Gli autori devono riscoprire il coraggio di scrivere per lasciare un segno, non solo per inseguire le mode del momento. Gli editori devono avere la responsabilità di pubblicare opere che abbiano qualcosa da dire, piuttosto che inseguire solo bestseller costruiti a tavolino. E i lettori, soprattutto, devono riappropriarsi del loro ruolo centrale: scegliere con consapevolezza, sostenere i libri che meritano, valorizzare gli autori che mettono al centro il contenuto e non il clamore.

Essere lettori coraggiosi

È un percorso che richiede impegno, ma è possibile, perché i lettori capaci di fare la differenza esistono, e spetta a loro non solo acquistare, ma parlare, condividere, creare una rete che sostenga ciò che vale davvero. La qualità non è una chimera: è una scelta. E se ci rifiutiamo di scendere a compromessi con ciò che non merita la nostra attenzione, possiamo fare la differenza. La letteratura, la narrativa, la cultura in generale, sono strumenti potenti, dobbiamo avere il coraggio di servircene per costruire qualcosa di duraturo, che vada oltre le logiche del mercato e torni a toccare ciò che conta davvero: i valori, l’immaginazione, l’umanità.



Letture utili

“La crisi della piccola editoria italiana: tra sovrapproduzione e barriere di mercato”.

“Libri, stagnazione del mercato di narrativa e saggi nel 2024”.

“Editoria in crisi: sparite 2700 edicole in 4 anni”.

“Rapporto sullo stato dell’editoria in Italia 2023”.

“La sfida dell’editoria: il 2024 sarà un anno cruciale”.

“Editoria: quali sono i cittadini dell’Ue che leggono di più e di meno, deludono gli italiani”.

Altre fonti

Associazione Italiana Editori (AIE) – Dati sul mercato del libro e vendite durante la pandemia: https://tg24.sky.it/economia/2021/07/13/mercato-libri-aie-dati

Rapporto AIE 2021 sulla pirateria digitale – Stime delle perdite economiche e copie piratate: https://network.aie.it/Portals/_default/Skede/Allegati/Skeda105-6397-2021.10.18/Rapporto%202021_La%20Sintesi.pdf?IDUNI=f4phdhlt0u5splom4tevhhsc4183

Associazione Librai Italiani (ALI) – Dati sulle difficoltà economiche delle librerie indipendenti: https://www.libraitaliani.it/vantaggi/dati-del-mercato-del-libro/

Crisi della carta e impatto sul settore editoriale – Intervista a Giovanni Santi, editore Zanichelli: https://www.mastereditoria.it/ilblog/crisi-della-carta-intervista-giovanni-santi-zanichelli/

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