Show don’t tell è uno slogan ormai riproposto dalla stragrande maggioranza dei manuali di scrittura, non solo, viene ribadito più volte anche nei corsi. Insomma, è diventato il tormentone di formatori e scrittori. Ma cosa vuol dire?
In realtà poco e niente e, soprattutto, ha una marcata piega commerciale, che poco ha a che vedere con l’arte della scrittura. In via teorica dovrebbe sottolineare la maggiore efficacia di una scrittura priva di eccessi descrittivi e sequenze punto elencanti in cui vengano “mostrate” in modo troppo diretto le caratteristiche dei personaggi, per esempio, ma anche dei luoghi; o magari dettagli di scena. A tutto ciò viene consigliata – fortemente – una scrittura più asciutta o, comunque, volta all’azione più che alla narrazione. Mostrare che il personaggio è onesto (showing), mediante il suo agire, piuttosto che dire (telling) che il personaggio è onesto.
Ma è proprio un buon consiglio? Può essere un buon consiglio, ma certo è una semplificazione un po’ troppo ingenua, che poco tiene conto dello stile di ciascun autore, delle esigenze di quel genere narrativo, di quel particolare momento della storia, di quella specifica sequenza.
La vera abilità narrativa, come spiegava Wayne Booth, consiste in qualcosa di più complesso e brillante, e la naturalezza con cui la narrazione viene resa ha al di sotto ragionamenti e premure meno semplicistici.
Ci sono straordinari romanzi che fanno del telling il loro punto forte, descrivendo e gestendo la materia narrativa senza preoccuparsi del “dire troppo”, ma piuttosto del “come” dirlo. E, altresì, ci sono romanzi che fanno dello showing, ovvero del mostrare senza dire, il loro punto di forza. Non si può categorizzare la forza dello stile, semplificando in uno slogan tutta la grandezza di una scelta.
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