scrivere senza pubblicare

Scrivere senza pubblicare ha senso?

Sì, ha senso. Pubblicare vuol dire “rendere pubblico“, ovvero  rendere noto a tutti, far conoscere pubblicamente, divulgare quello che si è scritto. «Lo scrittore è un uomo che più di chiunque altro ha difficoltà a scrivere»: parole di Thomas Mann che sintetizzano un’implicazione profonda della scrittura: lo sforzo cognitivo messo in atto quando si scrive, la profonda elaborazione che un testo scritto comporta, la natura del tutto originale di questo codice. La lingua scritta non è una semplice trascrizione di quella orale, ma ha sue specifiche caratteristiche di elaborazione mentale, di struttura e di comunicazione: è un mezzo alternativo di comunicazione che mette in relazione individui
e gruppi in modo ben diverso dalla parola (fonte). Scrivere è una scelta, un’azione concreta, una decisione che non deve per forza avere come scopo la realizzazione di un romanzo. Scrivere è arte e disciplina. Soprattutto disciplina.

VEDERE LE PAROLE

Il processo di scrittura e la conseguente pubblicazione non devono per forza realizzarsi sempre, a volte quello che un autore scrive è frutto di un percorso dedicato al proprio io, oppure è troppo intimo, troppo interconnesso con l’identità primaria di chi scrive per poter essere reso pubblico. La pubblicazione è un orizzonte che non tutti gli scrittori condividono, soprattutto è non questo che rende uno scrittore ciò che è. Ci sono migliaia di scrittori dei quali non conosceremo mai il nome e che, per tutta la loro carriera, hanno condiviso i loro scritti solo con una ristretta cerchia di conoscenti. «La scrittura è la più grande sorgente di sapere» è la frase che possiamo leggere in una tavoletta che, simile a una copertina, apre il quaderno di un bambino greco-egizio del V-VI secolo d.C.2 Molti anni dopo, lo scrittore inglese Edward Morgan Forster torna sulla scrittura regalando una riflessione di limpida chiarezza: «Come faccio a sapere ciò che penso finché non vedo ciò che dico?». La scrittura è vedere le parole, è rendere reale quello che diciamo e che pensiamo (fonte).

SCRIVERE PER ESSERE

Secondo lo psicologo americano Bruner la scrittura è in grado di dare un senso agli eventi e di costruire il significato della realtà. in poche parole, il linguaggio modifica la visione del mondo, fornendo schemi per analizzare in modo alternativo i fenomeni. Il linguaggio narrativo, in particolare, consente di organizzare l’esperienza e di costruire e trasmettere significati (fonte). Ma tutto questo ha per forza a che vedere con la pubblicazione su larga scala? Non necessariamente, appunto. Ha a che vedere con la necessità di parlare prima di tutto con il proprio io e poi di costruire relazioni con gli altri perché questo “io” non sia isolato in se stesso ma possa aprirsi alla comunicazione e alla relazione. La risposta alla domanda iniziale è dunque “sì ha senso scrivere senza per forza pubblicare”, soprattutto perché mai come oggi la pubblicazione è diventata una mera commercializzazione del pensiero volta ad acquisire dei vantaggi non solo economici ma anche ideologici.
 

vania

Vania Russo è scrittrice, valutatore editoriale di manoscritti, editor e docente di corsi di scrittura creativa e narratologia. Dal 2008 segue diversi stage, master e corsi di narratologia e laboratori teatrali. Si specializza in laboratori di narratologia e si forma quale lettore editoriale ed editor professionista presso la Scuola Dumas, docente Mario Arturo Iannaccone. Collabora con diverse Associazioni Culturali e Case Editrici in qualità di correttore bozze ed editor. Partecipa a diversi concorsi letterari con il gruppo di scrittori Ludici Scriptores. È presidente dell’Associazione Storico Culturale Lidenbrock, della quale dirige la rivista letteraria insieme allo storico saggista Mario Arturo Iannaccone. Ha pubblicato, oltre ai romanzi, il Manuale di scrittura creativa – Con esempi, esercizi, approfondimenti e Scrivere con stile – Manuale avanzato di scrittura con esempi, esercizi, approfondimenti, editi da Panda Edizioni.

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