Una volta scritto e revisionato, il testo ha bisogno di essere “messo in ordine” anche dal punto di vista formale. Così come durante la revisione e la correzione ci saremo occupati di procedere con interventi di tipo sostanziale, per fare in modo che tutto funzionasse a dovere (trama, personaggi, struttura, lessico, livello retorico e via dicendo), con la normazione ortoeditoriale andremo a raffinarlo con modifiche il cui scopo è uniformare la “forma del testo”: virgolette, dialoghi, citazioni, accapo, gestione dei paragrafi in generale, titoli, stili interni. Fare in modo che il testo sia omogeneo non serve solo a renderlo più ordinato e presentabile, soprattutto in vista di un invio agli editori, ma anche più leggibile e comprensibile per i lettori.
LA NORMAZIONE ORTOEDITORIALE: PRINCIPI DI BASE
Ma quali sono le regole da seguire per procedere a una corretta normazione ortoeditoriale? Prima di tutto, se abbiamo in mente di inviare a un editore il manoscritto, sarà bene informarsi su eventuali indicazioni specifiche di quell’editore, magari anche con una richiesta tramite mail, qualora non ci sia materiale disponibile sul sito ufficiale, questo perché oggi quasi tutte le case editrici hanno dei brevi compendi operativi che raccolgono le regole “interne” relative alla normazione, conoscerle potrebbe già essere un ottimo biglietto da visita. Tuttavia, raramente questi manualetti sono esaustivi, per cui è sempre bene fare riferimento anche a indicazioni di carattere più generale, magari prendendo spunto, ed esempio, da altre pubblicazioni di quell’editore. Qualora volessimo procedere con un’autopubblicazione, invece, potremo sempre scegliere un normario che ci piaccia e cercare di uniformare il testo a uno stile che consideriamo efficace o con il quale abbiamo già dimestichezza come lettori.
I DUBBI PIÙ FREQUENTI
Le indicazioni da seguire possono essere anche molte, ma generalmente i casi più ostici per gli autori, quelli cioé che destano più dubbi, sono sempre gli stessi. Per esempio quando usare il corsivo o il grassetto, ebbene il primo è uno stile decisamente importante e normato, può indicare parole straniere o dialettali, titoli di opere citate all’interno del testo, i pensieri dei personaggi o, anche, particolari inflessioni di voce usate nei dialoghi, come per esempio una punta di ironia. Il neretto, invece, è di scarso utilizzo in narrativa e va per lo più inteso come soluzione estemporanea per titoli, titoletti, citazioni. Altri dubbi frequenti riguardano i cosiddetti segni paragrafematici, come i segni di interpunzione (virgola, punto, due punti…), ma anche apostrofo, accenti, trattini, virgolette, parentesi. Intanto è bene sapere che è sempre preferibile l’apostrofo tipografico o curvo (‘) a quello dattilografico o dritto (‘); evitiamo l’errore frequentissimo di confondere accenti gravi e acuti, in particolare usano accento grave (è) la terza persona del verbo essere, ma anche caffè, tè (che non si scrive the, thè o thé perché sono tutti sbagliati), Mosè, Giosuè; si scrivono invece con accento acuto (é) perché, affinché, né, sé e via dicendo.
MISSIONE CHIAREZZA
Anche per quanto riguarda i dialoghi non è semplice gestire la punteggiatura, ma in generale è bene essere prima di tutto costanti, per cui se scegliamo di utilizzare le classiche «…» per racchiudere le battute, sarà bene farlo per tutto il testo, e se useremo la punteggiatura interna «Ciao Aldo,» sarà bene, anche in questo caso, essere uniformi. Se sceglieremo i caporali per il discorso diretto, allora eviteremo di usarli per i pensieri, così come se prediligeremo il corsivo per i pensieri eviteremo di usarlo per i dialoghi. Lo scopo è soprattutto quello di fugare qualunque tipo di ambiguità e rendere omogeneo e ordinato il testo. I termini stranieri vanno al singolare e in corsivo se non sono consolidati nella lingua italiana, la grafia deve rispettare quella originale (découpage e non decoupage). La maiuscola va usata per una regola di posizionamento (maiuscola di posizione) a inizio frase e dopo un punto fermo, ma può avere anche valore distintivo (maiuscola di rispetto) quando identifica nomi propri o manifesta rispetto verso determinate figure storiche, religiose, istituzionali. Procuriamoci una buona grammatica e un manuale tecnico di stile tipografico per altre utili indicazioni, sarà bene tenerli sempre a portata di mano per una veloce consultazione in caso di dubbi.