Il principio cardine è: scegliere le parole giuste ed eliminare quelle di troppo permette di costruire la giusta economia del testo. Cosa serve e cosa non serve ai fini della narrazione? Cosa fa andare avanti la storia e cosa no? Perché quel dettaglio sul personaggio dovrebbe essere importante? Narrare è usare informazioni; le informazioni indispensabili in un romanzo sono quelle che fanno procedere la storia. Questo non vuol dire che belle descrizioni, aggettivazioni sorprendenti o metafore accattivanti siano sempre da evitare, limitandosi a una scrittura per forza di cose asciutta ed erosa, ma certamente se dobbiamo arginare il testo dobbiamo partire da tutte quelle informazioni non indispensabili, non vincolanti rispetto alla vicenda e non vincolate alla storia.
Ogni volta gestiamo delle informazioni dobbiamo porci il problema della loro effettiva utilità ai fini della storia, oltre a non sottovalutare la questione dello stile e dell’originalità.
L’eccesso di informazioni, dunque la scarsa economia, riduce anche la chiarezza. Spesso la revisione è utile proprio a ridare leggibilità e comprensibilità al testo, per comporre le frasi in modo più economico, risparmiando parole e scegliendo verbi e termini meno vaghi, più incisivi ed efficaci. I testi sviluppano concetti e idee, se concetti e idee non vengono espressi con chiarezza il lettore non riuscirà a decodificare la storia e finirà per assorbire informazioni con la sensazione di accumulare qualcosa senza un reale scopo, lottando così con la tentazione di abbandonare il romanzo. Se ricopriamo i dettagli importanti con sovrapposizioni inopportune di dettagli secondari, non riusciremo più a trasmettere quel che conta davvero ai fini della storia. Per questo, nella revisione dobbiamo essere pronti a mettere in discussione quel che abbiamo scritto, smontare e rimontare, dipanare le matasse concettuali e i grovigli descrittivi, al fine di far emergere i dettagli e i significati portanti. Descrizioni, dialoghi, narrazione pura non dovrebbero mai sovrapporsi al messaggio, ma guidare verso la sua giusta decodifica.
“Anni dopo, riprendendo in mano il mio libro per preparare l’edizione riveduta, ho sentito queste inflessioni come toni estranei (e mi pare sia stato allora che ho riconosciuto la fonte), e li ho semplicemente depennati. È davvero curioso vedere, nella copia su cui ho eseguito le correzioni, come le cancellature rimuovono parole e frasi di riga in riga, di paragrafo in paragrafo, lasciando intatta la struttura di fondo dei miei periodi. È ovvio che si trattava di una forma di ridondanza espressiva sovrapposta a un substrato narrativo assai più secco. Si può dire che la versione riveduta del 1976 scaccia in sostanza, il giovane americano che era venuto a interloquire un po’ a sproposito nelle mie cose.”
[Meneghello L., Jura. Ricerche sulla natura delle forme scritte, BUR, 2003, p. 157.]
Revisionare non vuol dire solo sintetizzare, ma a volte la sintesi risulta necessaria ai fini della chiarezza. Se scegliamo il giusto aggettivo, potremo cancellarne molti altri non indispensabili riferiti allo stesso nome. La sintesi ha il potere di focalizzare l’attenzione del lettore sui significati portanti, in certi casi potrebbe essere l’unica soluzione per far funzionare un testo che sembra essere troppo pesante e ridondante. A proposito di buona scrittura (e revisione) Umberto Eco suggerì alcune regole utili ne La Bustina di Minerva, eccone alcune:
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