Generalmente, per dialogo si intende il discorso diretto tra due o più personaggi, ma si può intendere anche il discorso diretto del personaggio con il proprio io, per esempio, o anche con i lettori (in questo senso un romanzo in prima persona può diventare un lungo dialogo narratore-lettore). Ma, soprattutto, il dialogo è uno dei modi in cui la storia procede e si sviluppa. La forza di un dialogo consiste nel fatto che il lettore viene coinvolto direttamente nella vicenda e partecipa dello scambio di battute come se fosse presente sulla scena.
Prima di tutto un dialogo ben scritto è “azione”, cioé spinge la storia in avanti, fa accadere qualcosa a uno dei livelli di struttura, per esempio sviluppo del personaggio, ma anche comprensione della trama e così via. Un dialogo deve essere naturale e verosimile (a meno di voluti effetti di comicità o assurdità), e deve evitare espressioni ovvie e banali che rientrano nella conversazione quotidiana. Il fatto che non deve essere banale, non vuol dire che debba diventare un laboratorio per parole e termini desueti o troppo tecnici: come sempre serve equilibrio.
Nel racconto Due loschi individui, Ernest Hemingway descrive l’ingresso di due persone in una tavola calda. Non li delinea nel dettaglio, ma ne rende chiara personalità e profilo psicologico attraverso lo scambio di battute:
La porta della tavola calda di Henry si aprì ed entrarono due uomini. Si sedettero al banco.
«Cosa prendete?» gli domandò George.
«Non so» disse uno dei due. «Cosa vuoi mangiare, Al?»
«Non so» disse Al. «Non lo so cosa voglio mangiare.»
Fuori stava facendosi buio. Il lampione si accese davanti alla vetrina. I due uomini al banco leggevano il menù. Dall’altro capo del banco Nick Adams li guardava. Stava parando con George quando erano entrati.
«Una braciola di maiale con salsa di mele e purè di patate» disse il primo.
«Non è ancora pronto.»
«Allora perché lo metti sulla carta?»
«Quello è per la cena» spiegò George. «Si può avere alle sei.»
George guardò l’orologio appeso al muro dietro il banco.
«Sono le cinque.»
«L’orologio fa le cinque e venti» disse il secondo uomo.
«Va avanti di venti minuti.»
«Oh, all’inferno l’orologio» disse il primo. «Cos’hai da mangiare?»
«Posso darvi panini di ogni genere» disse George. «Potete prendere uova e prosciutto, uova e pancetta, fegato e pancetta oppure una bistecca.»
«Dammi delle crocchette di pollo con piselli, besciamella e purè di patate.»
«È per la cena.»
«Tutto quello che vogliamo è per la cena, eh? È così che la metti?»
Nel dialogo di Hemingway l’effetto più immediato è il ritmo, ottenuto grazie a un rapido botta e risposta, ma non è detto che tutti i dialoghi debbano svilupparsi tutti con un ritmo elevato, in certi casi possono essere molto più efficaci delle pause, magari delle esitazioni o delle prevalenze, quando uno dei personaggi prevale sugli altri, effetto che si ottiene attribuendogli battute più lunghe. Certamente sono da evitare le battute ovvie o superflue che “riempiono la pagina” senza aggiungere nulla di nuovo o far progredire uno dei livelli della narrazione.
Infine, un dialogo interessante contiene sempre un conflitto, per esempio i personaggi che parlano sostengono opinioni diverse, oppure sono mossi da motivazioni e intenzioni discordi che emergono nelle battute anche in modo implicito. Spesso i conflitti sono molto profondi e il dialogo riesce a smuovere livello consapevole e inconsapevole dei personaggi, così come conscio e inconscio del lettore.
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