Negli ultimi anni, si è assistito a un crescente dibattito sulla questione del declino dei social media. Queste piattaforme, una volta considerate rivoluzionarie per la comunicazione e la connessione, sembrano ora attraversare una fase di cambiamento profondo: “I social stanno insomma pagando il prezzo di un nuovo tipo di intrattenimento e di una fruizione sempre più passiva. Per questo crescono invece social come TikTok e Twitch, capaci di offrire contenuti sempre nuovi, sempre diversi. Se il primo social conta addirittura il 66% di utenti che non creano contenuti, sul secondo il rapporto tra streamer attivi e quelli “fantasma” è di 1 a 28,” scrive la redazione di Ful Magazine in I social network stanno per scomparire? La storia di un declino.
SOCIALIZZAZIONE COMPETITIVA
Oggi si parla non più di condivisione, ma di socializzazione competitiva: “La previsione per il futuro del web si intreccia sempre in un punto specifico: il declino dei social network. Quasi incredibile persino soltanto a pensarlo, è indubbio che nei decenni sia cambiato il ruolo degli stessi, passando da mezzo rapido per creare connessioni e riprendere contatti con conoscenze del passato a enormi contenitori di informazioni provenienti da tutto il mondo” (Socializzazione competitiva: la grande mutazione dell’intrattenimento virtuale). Instagram e TikTok hanno accelerato il processo di declino della vecchia modalità di condivisione (basata comunque su interazioni più umane) in favore di pubblicazioni mirate a raggiungere un pubblico specifico, un target, insomma un obiettivo. Il tutto ben oltre i contatti della propria cerchia di conoscenti o amici.
UN FENOMENO IMPREVISTO?
Il fenomeno “social network” è nato negli Stati Uniti, intorno alla metà degli anni Novanta, in ambito universitario, per poi svilupparsi seguendo le esigenze di tre diversi nodi tematici: professione, amicizia e relazioni sentimentali.
Una rete sociale (in inglese social network) consiste di un qualsiasi gruppo di persone connesse tra loro da diversi legami sociali, che vanno dalla conoscenza casuale, ai rapporti di lavoro, ai vincoli familiari.
(Definizione Wikipedia)
Queste piattaforme hanno indotto un cambiamento nel sistema di valori e, quindi, della comunicazione, modificando addirittura la percezione della realtà, di ciò che è vero e di ciò che è falso. Oltre a questo hanno “moltiplicato le identità” frammentando in qualche modo anche la relazione delle persone con se stesse e con gli altri (Cyberpsychology and video games: The Proteus Effect). Molti social vuol dire molti profili utente, molte app, mote notifiche. Nel corso degli anni, infatti, sono emerse numerose piattaforme sociali, ciascuna con le sue caratteristiche uniche e il suo pubblico specifico. Tuttavia, questa proliferazione ha portato alla frammentazione degli utenti e alla competizione per l’attenzione, da qui la messa in opera di tante strategie competitive, pur di avere maggiore successo, più follower, più like, più “presenza” virtuale.
I CONTENT CREATOR: UNA PROFESSIONE NUOVA?
Siamo al punto per cui semplicemente cambiando il nome sembra di inventare “mestieri” nuovi, come nel caso del “Content Creator”, definito come professionista che dovrebbe occuparsi di creare contenuti per i social. Ma è davvero una professione nuova? E, soprattutto, sono sempre professionisti che se ne occupano? Al momento non esistono corsi di laurea riconosciuti o diplomi specifici per questa, anche perché alla fine è una competenza di marketing. Ci sono però numerosi corsi di formazione, ottima fonte di guadagno per parecchi formatori o presunti tali. Insomma, è un po’ una giungla. Il fatto è che troppi contenuti vuol dire anche troppe informazioni, il che vuol spesso dire nessuna informazione e molta confusione, inoltre, l’uso eccessivo dei social media può portare a livelli significativi di stress e dipendenza. Molti utenti trascorrono ore ogni giorno su queste piattaforme, spesso mettendo se stessi a confronto con altri e cercando approvazione attraverso like e condivisioni.
LA QUESTIONE DELLA PRIVACY
Le piattaforme sociali hanno regolarmente aggiornato i loro algoritmi per determinare cosa appare nel feed di notizie degli utenti. Questi cambiamenti hanno spesso favorito il contenuto virale e le interazioni immediate, a discapito della qualità e della diversità delle informazioni. Questo ha portato alla diffusione di contenuti sensationalistici e alla diminuzione della visibilità del contenuto più informativo e approfondito, ma anche a una raccolta dati più invadente. Le crescenti preoccupazioni sulla privacy online hanno contribuito al declino dei social media e hanno aumentato il ricorso a strategie di protezione: “Il problema è che ormai non esistono barriere nette tra la vita virtuale e quella reale: quello che succede on-line molto spesso ha un impatto diretto nella vita reale e nei rapporti con gli altri,” ma è una percezione sbagliata. L’utente ha la sensazione di possedere un proprio spazio personale e di appartenere a una piccola comunità, ma è un falso senso di intimità che può spingerlo a esporsi troppo e rivelare dettagli sulla propria vita privata e professionale. Questo vuol dire correre dei rischi (Artificial intelligence, science fiction and everyday life).